Commissari e commissariati a Vittoria
Seguo a distanza e sempre più disamorato le vicende politiche, economiche e amministrative di questa nostra Città e come sa chi ogni tanto mette qualche “mi piace” sui miei post, preferisco passar tempo a ricostruire le vicende di Vittoria e del suo territorio, ritenendo così di fare cosa più utile alla Città che ho per qualche tempo contribuito, nel bene e nel male, ad amministrare, lasciando il giudizio ai posteri…
Ma guardate a volte cosa riserva la lettura di vecchi documenti. Sono infatti in mio possesso da anni copie di alcuni giornali dei primi del Novecento, e di fogli volanti curati da Ferdinando Terranova (pioniere e fondatore del Partito Socialista a Vittoria) tra il 1913 ed 1914, anni di violentissimi scontri non solo verbali, tra i seguaci dell’on. Evangelista Rizza ed il partito Jacono da una parte ed il Partito Socialista dall’altro. Il clima assai rovente di quel biennio fu dovuto alla grande novità del suffragio universale maschile che aveva concesso il voto ad una grande massa di contadini ed operai a Vittoria e nel Collegio di Comiso. La cosa naturalmente faceva tremare la vecchia borghesia liberale al potere dal 1861, pur se divisa tra la Destra di don Giombattista Jacono e la Sinistra cancellieriana, distrutta dopo la morte del Senatore.
La campagna elettorale fu rovente, fatta di manifestazioni di piazza, comizi, e velenosi fogli volanti. Ma Terranova superò sé stesso, arruolando (in funzione antirizziana e a favore dei socialisti) il defunto senatore Cancellieri, che l’autore immagina ritorni a Vittoria dal cimitero e si renda conto di cosa sia successo dopo la sua morte. Alla fine della seconda visita (in tutto saranno cinque), Cancellieri/Terranova sale alle «storiche Ceddi» (dove nacque nell’ottobre 1899 l’idea di fondare una sezione socialista) e da lì ammaliato dal panorama notturno rischiarato dalla luna, mentre «spira una lieve brezza e in fondo alla vallata si sente lo scorrere lento delle acque dell’Ippari…Cancellieri posa, commosso, lo sguardo sulla città addormentata e silenziosa.
“Vittoria!- esclama- mia dolce terra natia, popolata di gente buona e laboriosa, cittadina ridente, cui natura prodigò un cielo di cobalto e un clima eternamente primaverile…! Una schiera invitta di tuoi cittadini, cui io non fui estraneo, ti abbellì nella dimora e ti migliorò nei costumi…..Qual forte narcotico ora ti ha addormentata in un sonno profondo, che ti fa sorda ai lamenti dei figli tuoi, oppressi da una oligarchia assetata di sangue, di oro, di dominio?….Sorgi, o Vittoria!….Già un’aurora di pace e di giustizia annunzia lo spuntar del sole liberatore, che inonderà di sua luce il tuo cielo e la tua terra….L’aquila tua allora librerà le ali sulla città risorta e ripeterà alle tue genti, affratellate e redente, il peana della vittoria!…». Parole adatte solo al clima del 1914? O valide anche per il 2019 di questa nostra infelice terra?
Tra passato e presente: spigolature storiche sui commissariamenti del Comune di Vittoria.
Dalla nascita dei Comuni nell’allora Regno delle Due Sicilie (nel lontano 1819), il Consiglio Comunale di Vittoria è stato sciolto 11 volte. A cominciare dal 1874, in media una volta ogni 15 anni circa. La prima volta appunto fu sciolto nel luglio 1874, a seguito del processo di Siracusa, in cui vennero a galla le responsabilità dei fratelli del sindaco Giombattista Jacono come presunti mandanti dell’assassinio di Mario Pancari nel 1871. Il sindaco non c’entrava nulla (ed in seguito i suoi fratelli -probabilmente però colpevoli- furono prosciolti nel processo di Ancona nel 1877), ma lo scandalo suscitato fu così grande che il prefetto di Siracusa dell’epoca, Tiberio Berardi, fissatosi che a Vittoria si fosse affermata la “maffia” fece sciogliere il Consiglio Comunale, nominando commissario un funzionario di Prefettura, tale Vitaliano Scarpis. Il quale amministrò la città per tre mesi e poi fece svolgere le nuove elezioni che portarono ad una conferma del partito Jacono. Il Governo Minghetti non nominò però il sindaco e svolse tali funzioni il dr. Felice Maltese, uomo colto e filosofo.
Il secondo commissariamento (febbraio 1885-maggio 1885) fu tutto politico: si trattò infatti di una vendetta contro l’azione amministrativa dell’ex deputato Rosario Cancellieri da parte dei suoi avversari cittadini. Il cav. Giuseppe Arpa tentò infatti di smantellare l’operato di Cancellieri (soprattutto per il Piano Regolatore), appoggiandosi ad alcuni esponenti del partito Jacono, che naturalmente rivinse le elezioni.
Le malversazioni dei vincitori furono però tali e tante che nel settembre 1888 il Governo Crispi sciolse ancora una volta il Consiglio, nominando prima un tale Gambarini (toscano) poi tale Musi: quest’ultimo altro non fece che manipolare le liste ed il voto amministrativo del 27 gennaio 1889, al fine di assicurare la vittoria del partito Jacono, il cui capo -il vecchio Giombattista Jacono- fu designato sindaco dal Governo.
Nel giugno 1893 fu Cancellieri -risorto politicamente con la sua nomina a Senatore del Regno- a fare sciogliere per la quarta volta il Consiglio, cacciando il sindaco barone Francesco Leni Spadafora, facendo nominare commissario tale Berti, che amministrò secondo i dettami di Cancellieri. Ma le elezioni del dicembre successivo confermarono ancora una volta la vittoria del partito Jacono, con Leni Spadafora rieletto sindaco e furono una cocente sconfitta per Cancellieri, travolto dalla manipolazione delle liste elettorali e dai tradimenti tra le sue file.
Il quinto scioglimento avvenne nel marzo 1921, in un’altra epoca storica. L’amministrazione socialista, eletta a suffragio universale maschile il 7 novembre 1920 fu travolta dagli assalti armati di squadristi ed ex Combattenti, finanziati dallo sconfitto partito Jacono-Rizza. Dal 1° aprile 1921 e fino al gennaio 1923 Vittoria fu amministrata dal dr. Michele Serra, funzionario di Prefettura, che garantì l’ordinaria amministrazione e si preoccupò soprattutto di far fare la pace tra le due fazioni fasciste di Vittoria…
Un tentativo mancato di destituire il primo sindaco comunista nel luglio 1945 a seguito di una relazione dei Reali Carabinieri fallì. Andò a segno invece il sesto scioglimento (2 marzo 1950), anch’esso tutto politico: si basò su presunte vessazioni tributarie a carico dei ricchi vittoriesi, presunte assunzioni clientelari di professori per le scuole superiori cittadine ma ebbe le sue origini vere nel ruolo che i sindaci comunisti Omobono (1945-1947) e Traina (1947-1950) avevano impresso al Comune, con una partecipazione attiva -tra le altre cose- alle lotte bracciantili per l’imponibile di mano d’opera e contro l’adesione dell’Italia alla Nato. Dopo due anni di commissariamento del rag. Ferdinando Colombo, che governò appoggiandosi alla Dc locale, l’elettorato riportò trionfalmente al Comune i socialcomunisti nel maggio 1952.
Il settimo commissariamento avvenne nel gennaio 1964, a seguito della spaccatura interna al gruppo di maggioranza del Pci, dilaniato da lotte intestine sin dal 1962. Fino alle elezioni di novembre, amministrò la città il dottor Giovanni Guzzardi che (a parte lo spostamento del Monumento ai Caduti alla Villa Comunale) lasciò di sé un buon ricordo di capace amministratore.
Dopo gli anni del centro-sinistra, dal 1971 ritornarono le giunte socialcomuniste e poi i monocolore comunisti che amministrarono fino al settembre 1993. Dopo avere sconfitto nel 1992-93 il tentativo del prefetto dell’epoca di sciogliere per mafia il Consiglio, senza storia furono i commissariamenti Scalia (settembre 1993), Vernaci (dicembre 1994) e Campo: furono esclusivamente tecnici.
Ed eccoci all’undicesimo: quello per mafia, con la nomina della triade commissariale dall’agosto 2018.
A distanza di un anno, non mi sembra che la città se la passi meglio. Pur non volendo dare alcun giudizio di merito sull’attività dei commissari, non mi pare che Vittoria in questo anno sia migliorata: basti accennare alla spazzatura e ai disservizi nella fornitura d’acqua, per non parlare d’altro. Mafia (che c’è sempre stata, almeno dai primi anni ’70) o non mafia, da Palazzo Jacono verso la città mi sembra spiri un atteggiamento paternalistico e moralistico: da un momento all’altro mi aspetto di sentire la favola sui “Vittoriesi discendenti dai banditi di Boscopiano” e stampa e tv non hanno fatto altro che mettere in croce questa città (anche per eventi che con la mafia nulla hanno a che fare), per la presenza di “influencer” esterni a questa città, oggi dotati di grande visibilità mediatica, ma che nulla sanno di Vittoria e della sua storia. Questo è certamente il mio giudizio. Passati i commissari, che poco o nulla incideranno nella vita amministrativa della Città -anche se dovessero stare un altro anno-, tutto tornerà come prima: con l’aggravante che ormai Vittoria è una città senz’anima, senza identità, senza cultura, priva di memoria storica, in preda a prepotenti, maleducati e menefreghisti, con strade e campagne sommerse dalla sporcizia. E la cosa più grave è che dopo i commissari rischiamo il deserto politico. Troppo pessimista? Vediamo. A me piace essere smentito.
p.s.: sarà interessante da “storico” leggere la relazione finale dei commissari sulla loro attività al Comune di Vittoria dall’agosto 2018 al… 2020, dopo che finiranno il loro lavoro…
Grazie ad alcuni amici ho corretto due dimenticanze, aggiungendo il tentativo di scioglimento del 1993 e il commissariamento affidato al dr. Campo, vice prefetto all’epoca.
Commissari e commissariati a Vittoria dal 1874 al 1952.
Recentemente il noto giornalista Angelo Di Natale è stato imputato perché avrebbe offeso la reputazione e l’onore dei membri della Commissione straordinaria che amministra Vittoria dopo lo scioglimento per mafia del Consiglio Comunale nel luglio 2018. Di Natale, nel corso di un servizio televisivo andato in onda l’1.8.2019 avrebbe affermato che a Vittoria «c’è una cappa di piombo che impedisce proprio l’esercizio minimale delle funzioni democratiche». Allo stesso modo l’ex deputato regionale Francesco Aiello e Cesare Campailla -nello stesso avviso di garanzia- sono accusati per avere sui loro profili facebook definito «inutile e volto al compimento di atti di interesse privato il lavoro svolto dai membri della Commissione, lamentando carenza di democrazia nel loro operato».
Avendo naturalmente il mio giudizio su come vadano le cose a Vittoria sotto la gestione della triade commissariale e lasciando alla magistratura di giudicare se le accuse siano fondate o meno, e cioè se esista ancora il diritto di critica (sembra incredibile…),
mi è venuto in mente di esaminare quale sia stato il rapporto tra Commissari e Vittoriesi commissariati in alcuni dei casi di scioglimento cui periodicamente venne sottoposto il Comune di Vittoria per svariati motivi. I casi più eclatanti mi sembrano i seguenti:
a)luglio-novembre 1874: il Consiglio Comunale viene sciolto per togliere di mezzo il sindaco Giombattista Jacono, fratello dei presunti mandanti dell’assassinio Pancari (marzo 1871). Pur essendo il sindaco totalmente estraneo alla vicenda, il prefetto di Siracusa dell’epoca Tibaldi si incaponì che a Vittoria c’era la “maffia” e ottenne la nomina di un funzionario della Prefettura di Palermo, tale Vitaliano Scarpis, che resse il Comune per tre mesi e poi se ne andò. Nessuna polemica tra il funzionario e i gruppi politici della città né querele. Nelle elezioni del novembre 1874 il partito Jacono -gestito dall’ex sindaco- ritornò tranquillamente al potere, anche se il Governo Minghetti non nominò un sindaco se non nel febbraio 1876.
b)gennaio-giugno 1885: il Consiglio fu sciolto per mettere fine all’epoca cancellieriana (1879-1882) che aveva profondamente innovato la vita amministrativa della città, provocando il malcontento dei proprietari dei suoli da espropriare per il Prg, e di alcune categorie di commercianti, che si erano rivoltati contro l’on. Cancellieri e i suoi seguaci. Il commissario straordinario Giuseppe Arpa (funzionario della Prefettura di Siracusa) alla fine del suo mandato durato cinque mesi, fece stampare a spese del Comune un ponderoso resoconto di oltre 100 pagine, in cui esaltò il suo ruolo di fustigatore delle gestioni amministrative passate e di malcostume da lui duramente punito (licenziò uno che aveva fischiato la marcia reale, tolse le galline che il custode del teatro teneva nell’androne, licenziò vigili urbani: insomma volle secondo lui “moralizzare”, etc. etc.). Accusato di essersi fatto addobbare il palco al Teatro, fece causa a Cancellieri per essersi impadronito dell’area dei pozzi annettendola al suo palazzo (area che però il Comune nel 1878 gli aveva concesso in enfiteusi con un canone annuo). Arpa naturalmente si avvalse dell’opera del partito Jacono, che in seguito lo ricompensò dandogli un incarico di segretario comunale (ma per poco tempo). Insomma, niente querele…
c) settembre 1888-gennaio 1889: sciolto il Comune per la presunta cattiva gestione del partito Jacono, i commissari Gamberini (un funzionario ligure) e Musi (della prefettura di Siracusa) si occuparono non tanto di amministrare la città, quanto di garantire la futura vittoria del partito Jacono nelle elezioni del gennaio 1889, manomettendo le liste elettorali. Non potendo infatti accrescere il numero degli elettori jaconisti, Musi soprattutto ridusse i probabili elettori cancellieristi, cancellandoli o impedendone il libero voto, assicurando così al partito Jacono la maggioranza in Consiglio per soli 20 voti (il giovane Salvatore Busacca che espose le malversazioni fu prima querelato dai consiglieri di maggioranza ma in seguito divenne jaconista…).
d) giugno-dicembre 1893: scioglimento per malversazioni del partito Jacono su richiesta del senatore Cancellieri che fece nominare tale Berti, che trovò molto marcio e licenziò il segretario comunale dell’epoca: alle elezioni successive però, svoltesi a dicembre, rivinse il partito Jacono e a Cancellieri fu messa una bomba nell’androne del palazzo…
e) aprile 1921-gennaio 1923: scioglimento dopo la provocazione delle squadre fasciste organizzate da Palazzo Jacono. I commissari Serra e Spagna fecero solo ordinarissima amministrazione ma Spagna in particolare si adoperò per mettere d’accordo tra di loro le due fazioni del fascismo vittoriese, anch’esse divise tra seguaci di Pace (Jacono) e seguaci di Pennavaria, risultati sconfitti al momento;
e)marzo 1950-maggio 1952: caduto il fascismo, tornate libertà e democrazia, le prime elezioni amministrative si svolsero il 17 novembre 1946, che diedero la maggioranza a Pci e Psi.
Il Comune popolare divenne un centro di profonde novità amministrative e politiche, schierandosi contro la politica governativa regionale e nazionale e a fianco di braccianti e lavoratori, cosa che provocò una forte reazione dei Governi nazionale e regionale e delle forze dell’ordine. Dopo un primo tentativo fallito nel 1948, il Comune fu finalmente sciolto il 2 marzo 1950, per motivi che andavano da presunte vessazioni tributarie contro benestanti ad assunzioni irregolari nelle scuole e per aver votato un o.d.g. contro l’adesione dell’Italia alla Nato. Fu nominato commissario l’estensore della relazione ispettiva che aveva portato allo scioglimento, il rag. Ferdinando Colombo, modicano, funzionario della Prefettura. Ferocemente anticomunista, si appoggiò alla locale sezione della Dc ed al suo segretario dr. Gaetano Alessandrello, assunse al comune alcuni funzionari democristiani modicani (per garantirsi la direzione di alcuni uffici), licenziando il comunista Balloni, dando il fianco a ferocissimi e durissimi attacchi da parte del Pci e del Psi, che nei due anni del commissariamento durato dal marzo 1950 al maggio 1952 lo bombardarono quasi quotidianamente.
Dalle carte in mio possesso però, pur di fronte alle gravissime accuse rivolte a Colombo, al segretario della Dc Alessandrello e al segretario comunale Sardo (a volte al limite del dileggio), non mi risultano né querele né processi per diffamazione o per lesione d’onore. L’ex sindaco Traina fu autore infatti anche di numerose poesiole e sberleffi pubblicati su fogli volanti dal titolo “La Colonna Infame” (riprendendo l’analogo titolo che nel 1944 aveva fustigato duramente il sindaco socialista avv. Giovanni Foti: neanche lui querelò mai l’avv. Traina, il prof. Consolino e gli altri che scrivevano contro la Giunta: solo la polizia si limitava a strappare i fogli appena affissi, che così ci sono stati tramandati). Per dare un assaggio, così scrive Traina (a firma “Don Misciu”) ne “L’opra de’ pupi” (giugno 1951):
«Ccellentissimi signori,/maschi, femmine e neutrali,/appuntati e caporali,/vi racconto la sciansòn./
La sciansòn dei palatini,/ di Fernando e Gaetano,/senza scrupoli e coscienza/che facevano concorrenza/ alla banda di Giuliano…» e così continuando: ma mai nessuno dei due né degli altri messi alla berlina ed addirittura paragonati ai banditi di Giuliano querelò…
Il 25 maggio 1952 Pci, Psi e Psdi ebbero ancora una volta la maggioranza assoluta ed un nuovo ampio mandato al governo di Vittoria. Le soperchierie di Colombo & C. non furono dimenticate e
accadde che all’atto dell’insediamento del nuovo Consiglio il prof. Salvatore Battaglia e l’avv. Filippo Traina si alzarono per impedirgli di leggere la relazione conclusiva della sua amministrazione, precisando che per legge andava depositata agli atti e non necessariamente letta. Colombo se ne andò, tristemente. Ma non aveva mai querelato nessuno.
Tranne quello del 1964 (commissario il dr. Giovanni Guzzardi), gli altri scioglimenti non hanno storia. Fino a quello attuale, che speriamo finisca presto e su cui torneremo quando sarà finito, per giudicare se Vittoria ne avrà beneficiato o meno.
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